E-cig, cosa accade in Europa? Prima puntata: Spagna. Le pene del cigarrillo electrónico
All’ombra della Sagrada Familia e più su fino ai Paesi Baschi, la sigaretta elettronica vive un momento di stallo anche in Spagna, anche se ormai si è formato uno zoccolo duro tra 600 e 800mila vapeadores che sono passati all’elettronica e ne hanno apprezzati i vantaggi. La Spagna è uno dei Paesi europei più “elettronici” e il settore ha generato tra i 3.000 e 4.000 posti di lavoro con l’indotto. Le regioni autonome di Valencia e Catalogna sono state le aree più recettive, seguite dall’Andalusia. Oggi il mercato della fumo elettronico iberico vale 24,6 milioni di euro secondo i calcoli prudenti dell’Ance, l’Asociación Nacional del Cigarrillo Electrónico che difende gli interessi del settore e rappresenta il 60% delle aziende. Eppure rispetto agli inizi del 2013 anche in Spagna le e-cig devono oggi fronteggiare una stagione di azioni legislative e di notizie mediatiche non favorevoli al vaping. Con il risultato che molti svapatori spagnoli ironicamente commentano sui forum che “se tutto questo accanimento fosse stato riservato al tabacco e alle sigarette tradizionali, negli anni ci sarebbero state meno problemi e malati”.
In Spagna il tema è caldo. L’erario spagnolo, più articolato di quello italiano, ricava dalla vendita delle sigarette di tabacco fino all’80% del prezzo di vendita. Secondo una recente analisi dell’Ance i vapers spagnoli spendono un quinto in meno rispetto ai fumatori, circa 73 euro all’anno di liquidi, risparmiando circa 1.300 euro all’anno rispetto a chi fuma un pacchetto al giorno. Va da sè che nel Paese, reduce dalla grande crisi degli anni scorsi, le lobby siano sul piede di guerra.
Il mese scorso l’Asociación de Economía de la Salud (AES), pur ammettendo che non ci sono prove scientifiche definitive in grado attestare i rischi per la salute delle sigarette elettroniche, ha preso posizione spalleggiata dall’Organización Médica Colegial de España per richiedere una regolamentazione identica a quella del tabacco. All’appello si è associato anche il Comitato nazionale per la prevenzione del tabagismo contestando la legge statale approvata a febbraio che limita l’uso di sigarette elettroniche nelle scuole, negli ospedali, negli uffici pubblici, sui mezzi di trasporto e nei parchi-giochi. Da ultimo anche il dirigente della Tobacco Free Initiative dell’Oms in Catalogna, Armando Perruga, è tornato a battere sul tema della sicurezza di e-cig e liquidi.
Questioni di lana caprina secondi i produttori, che affermano di essersi adeguati già da tempo alle indicazioni nazionali ed europee: tappi a prova di bambini, etichette dettagliate e simboli internazionali. Anche i numeri delle emergenze, che ritornano spesso sulle pagine dei media iberici, sembrano davvero contenuti per giustificare l’allarme ricorrente sulle e-cig: 29 incidenti nel 2013 e 35 nel 2014 secondo l’Istituto di Tossicologia che aggiorna le statistiche sugli avvelenamenti. Anche la stampa spagnola non perde l’occasione per fare scoop sensazionalistici anti-ecig: l’ultimo è il “caso” di un paziente ricoverato con una “polmonite lipidica” che gli opinionisti hanno messo in parallelo con il consumo di e-cig e di glicerina vegetale. Approfondito il tema, i medici hanno smentito il legame.
Per Manuel Munoz dell’Ance, il contatto tra mucosa e liquidi è davvero “molto difficile”, ma per prevenire qualsiasi accusa l’Associazione sta distribuendo migliaia di guide nei negozi di sigarette elettroniche per favorire l’uso corretto dei liquidi con consigli come: “Non riempire eccessivamente il serbatoio” e “Se fuoriesce del liquido non soffiarci su, ma asciugarlo con un panno”. E chiede a gran voce che la regolamentazione tanto invocata si faccia sul serio. “Attualmente chiunque può aprire un negozio e non è necessario alcun tipo di licenza”, spiega Munoz. “E ci sono persone che acquistano prodotti di dubbia qualità a prezzi molto bassi”. Sconsigliato. Anche in Spagna.
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