E-cig, cosa accade in Europa? Seconda puntata: Regno unito. E’ boom di consumatori.
I vapers di Sua Maestà sono quelli che hanno saputo cogliere meglio la rivoluzione nel Vecchio Continente. “Nel Regno Unito il numero di persone che utilizzano le sigarette elettroniche è triplicato in soli due anni fino a raggiungere i 2,1 milioni”. Il dato arriva direttamente dalla lettera che una cinquantina di esperti di tabaccologia hanno scritto ai vertici dell’Organizzazione mondiale della sanità in vista della Giornata senza tabacco (lo scorso 31 maggio) per evitare che le “elettroniche” finissero nella black list, la lista dei cattivi nella Convenzione quadro dell’Oms, proprio al fianco delle acerrime nemiche, le sigarette di tabacco.
Tra gli scienziati, tutti di fama mondiale – ci sono gli italiani Veronesi, Tirelli, Polosa – che firmano la missiva, c’è anche Robert West, una delle personalità accademiche più attive in Gran Bretagna sul fronte del riconoscimento della sigaretta elettronica come strumento in grado di salvare vite umane, che guida il Centro studi sul tabacco presso l’Istituto per la ricerca sul cancro britannico e che da tempo si sta battezzando per il riconoscimento dell’utilità dello strumento da parte del sistema sanitario. Per capire è il “Veronesi” britannico.
Le sigarette elettroniche hanno preso piede nel Regno Unito più che in altri Paesi. Si stima che vengano adoperate dal 15-16% della platea rappresentata da fumatori ed ex-fumatori (dati E-Cigarettes Summit 2013) e il 10% ne fa uso quotidianamente. Più che una moda, quindi, e più, come qualcuno insinua, di un modo per aggirare l’alto costo delle sigarette imposto ai fumatori britannici. Basta un solo esempio per capire che non è solo tendenza: nel Regno Unito si è registrata una delle maggiori percentuali di abbandono del fumo in Europa negli ultimi anni. E secondo West in buona parte il merito va proprio alla transizione verso il vaping, più efficace, secondo i dati che il professore ha recentemente fornito alla stampa specializzata, di cerotti e gomme alla nicotina: “Per questo – ha affermato il professor West – l’NHS (il servizio sanitario britannico, ndr) dovrebbe prescrivere le e-cigarette”.
In Gran Bretagna il dibattito sulla regolamentazione è molto meno “asfissiante” che in altre nazioni. Ci sono state consultazioni pubbliche con tutte le parti in causa, una seria riflessione scientifica. Sicuramente l’accoglienza positiva che le sigarette elettroniche hanno ricevuto tra i consumatori e gli investimenti da parte delle imprese hanno contribuito a creare un ambiente meno ostile rispetto ad altri Paesi, come accaduto in Italia (per fare un esempio “a caso”). Altro dato è la diversità del mercato dei prodotti over-the-counter: nel Regno Unito la vendita dei farmaci senza prescrizione fuori dalle farmacie – nei corner della grande distribuzione, ad esempio – è molto più simile a quella che si svolge negli Stati Uniti che nel resto d’Europa. Stringere le corde intorno alle sigarette elettroniche avrebbe significato mettere in discussione molte linee di prodotti farmaceutici di largo consumo: dalle creme contro le micosi a quelle per le contusioni, per esempio. Per questo le e-cigs si trovano ancora nell’area grigia situata tra i prodotti con nicotina soggetti a regolamentazione e quelli che devono rispondere soltanto ai requisiti di sicurezza europei. E la minaccia del governo di voler regolamentare le e-cig come farmaci a partire dal 2016 resta ferma anche con l’entrata in vigore della nuova direttiva europea.
Ciò non toglie che la situazione sia caotica anche sotto le finestre di Buckingham Palace. Non c’è un divieto di svapo assoluto, ma in compenso il libero mercato si è dato delle regole che a volte somigliano al far west. Basta camminare in un medio centro commerciale londinese per accorgersi che la situazione è “fumosa”: alcune catene lasciano ampia libertà, ma la maggior parte espone cartelli per vietare fumo e vapore. Stesso caos interessa i posti di lavoro: la Standard Life, colosso assicurativo Uk, ha vietato l’uso di e-cigarette agli oltre 5.000 dipendenti e alcuni municipi stanno pensando a regole simili nei luoghi pubblici. Un dato positivo c’è: il popolo dei vapers, in Gran Bretagna, ha una maggiore coscienza collettiva. Lo dimostrano i sondaggi delle grandi emittenti, i cui risultati sono molto spesso a favore delle elettroniche.
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