Altro che occupazione, con la legge chiudiamo e andiamo all’estero
Intervista a Daniele Campestrini, amministratore di Dea Flavor
“Ci stanno obbligando a portare il lavoro all’estero, con quella che dagli stessi deputati e senatori è stata definita una ‘porcata’”. È il grido di Daniele Campestrini, amministratore di Dea Flavor, una delle aziende leader in Italia e a livello internazionale nella produzione di liquidi per sigarette elettroniche “certificati”: 25 dipendenti e altri posti di lavoro grazie all’indotto. “Eppure già adesso sono costretto a ridurre l’orario di lavoro, perché la domanda è in calo e presto, se non ci saranno modifiche ai provvedimenti, sarò costretto a chiudere e delocalizzare oltre confine”. Il problema è il decreto legge “Iva e Lavoro” (convertito nella legge 99/2013) che sta subendo una probabile ulteriore accelerazione e che il “lavoro”, secondo gli operatori del mondo della sigaretta elettronica, più che promuoverlo lo sta distruggendo. E inoltre “toglie ricchezza alle casse dello Stato, più che produrla”, spiega Campestrini, che cifre e dati alla mano dimostra che piuttosto che recuperare nuove entrate, le tasse sulle e-cig butteranno dalla finestra 126 milioni di euro tra costi stimabili e non stimabili.
Il Decreto Legge “Iva e Lavoro”, ora legge, ha stabilito un’imposizione fiscale che equipara le sigarette elettroniche alle regole fiscali degli altri prodotti di tabacco. In attesa dei decreti attuativi, perché eravate e siete contrari?
è come equiparare una bicicletta ad un Suv di grossa cilindrata
Il Dl “Iva e Lavoro” applica tramite il monopolio di Stato la stessa regolamentazione dei tabacchi lavorati anche alle sigarette elettroniche, premesso che nella sigaretta elettronica non vi è traccia né di tabacco né di combustione (che ricordiamo essere la causa determinante della cancerosità delle sigarette tradizionali) alla luce dei fatti è come equiparare una bicicletta ad un Suv di grossa cilindrata in tema di salute ambientale.
Inoltre nel provvedimento si cela un’azione anticostituzionale che mira a ledere un diritto fondamentale che è quello della libera impresa. Non tutti sanno che se venisse realmente applicato lo stesso monopolio dei tabacchi lavorati alle sigarette elettroniche tutti i negozi che ad oggi operano nel settore sarebbero costretti a chiudere perchè di fatto sprovvisti dei requisiti di distanza minimi per il rilascio delle licenze. Tutti sanno che le licenze dei tabacchini sono praticamente esaurite.
Inoltre siamo contrari perchè come descritto nel rapporto dell’Istituto superiore di sanità oltre mezzo milione di Italiani ha abbandonato l’uso delle sigarette tradizionali a favore di quelle elettroniche riducendo di molto (come per altro ricordato da Umberto Veronesi e da altri illustri Istituti come il Bruno Leoni) la possibilità di contrarre il cancro ai polmoni. Ci rifiutiamo di credere che uno Stato che da sempre si è battuto nella lotta contro il fumo possa ad oggi intervenire per contrastare la più efficace alternativa attualmente esistente al fumo tradizionale.
Inoltre mi permetto di aggiungere che lo Stato si è permesso di intervenire in un settore senza i dovuti approfondimenti e sulla base di dati inesistenti o inventati da qualche simpatizzante delle lobby dei tabaccai senza per altro essersi degnato di avere un confronto più volte richiesto dall’Anafe e dal suo presidente Massimiliano Mancini.
Nelle settimane precedenti all’approvazione del Decreto avete elaborato una simulazione sul gettito previsto con e senza accisa. Sono dati ancora validi? Cosa prevedono?
Certamente e ne abbiamo anche tratto un emendamento con tanto di relazione e dati certificati da Databank (gruppo Cerved) nel quale si evince palesemente che l’operazione dello Stato è decisamente in perdita. In sintesi, l’imposizione del Monopolio di Stato al settore “sigarette elettroniche” produrrà esattamente l’effetto contrario a quello desiderato dal Governo, quantificato con una perdita stimabile di circa 20 mln/anno oltre a quella non stimabile determinata dalla diminuzione del PIL pari a 106 mln.
La nostra proposta invece avrebbe permesso di generare un gettito fiscale di circa 120 mln/anno consentendo all’intero settore di proseguire la sua naturale crescita sia in termini economici che di occupazione.
Dea Flavor è uno dei leader italiani ed europei nella produzione di liquidi. Cosa prevede per le aziende produttrici come la sua se le regole attuali non venissero modificate?
Certamente visti i rumori del settore la scelta quasi imposta dal nostro Governo sarebbe quella di delocalizzare la produzione al di fuori dei confini del nostro Stato per permetterci di rimanere concorrenziali per lo meno all’estero visto che i produttori italiani sono leader europei nella produzione di liquidi per sigarette elettroniche. Ricordando ancorauna volta la previsione di un calo della ricchiezza nazionale di circa 106 mln di euro in seguito alla legge, non possono che concludere amaramente e sarcasticamente che si tratta di un’ottima manovra in un momento in cui il nostro debito sovrano supera del 30% il nostro prodotto interno lordo.
Ricordo infine che questo provvedimento che vuole promuovere occupazione e lavoro sta creando almeno 4.000 disoccupati e che l’articolo in questione è stato denominato in Parlamento più e più volte dagli stessi Deputati e Senatori con il termine di “Porcata”.
si nota come l’Europa si muova in contrap-posizione netta a quanto operato in Italia
Mi permetto inoltre di far notare che il Parlamento Europeo ha nella sua agenda il 9 settembre la trattazione di una proposta della Commissione europea (direttiva 2012/366) avente finalità di armonizzare la normativa sulla lotta al tabagismo e l’inquadramento delle sigarette elettroniche. Leggendo quel documento si nota come l’Europa si muova in contrapposizione netta rispetto a quanto operato in Italia fino ad ora. Questo ci lascia ancora più stupiti vista l’imminente presidenza del Consiglio Europeo da parte dell’Italia.
Avete subito molti attacchi, in particolare sulla qualità e rischi legati ai liquidi e ai metalli pesanti. Le risposte sembrano essere state timide. Un problema di comunicazione oppure qualche rischio effettivamente sul mercato effettivamente esiste? Ci sono delle zone d’ombra che andavano comunque regolamentate?
Premesso che i metalli pesanti sono presenti anche nell’acqua che beviamo ogni giorno, c’è da chiarire che la discriminante non è la loro presenza nei liquidi per sigarette elettroniche ma bensì la concentrazione. Dal canto nostro sono stati effettuati dei test di laboratorio e le analisi sono scaricabili dal nostro sito da qualsiasi consumatore dei nostri prodotti.
Nell’emendamento che avevamo proposto suggerivamo al Governo di imporre ai produttori di liquidi per sigarette elettroniche degli alti standard qualitativi durante le fasi di produzione, questo per tutelare la salute pubblica da operatori che, come in qualsiasi altro settore, in un momento di incertezza normativa potrebbero operare senza scrupoli e interesse per la salute altrui.
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