E-cig nella morsa fiscale, ma promosse
da nuovi studi
Sigarette elettroniche, la storia infinita. Prima fanno male alla salute, ora fanno del bene alle casse dello Stato. Un’imposta di consumo record si è abbattuta sulle e-cigarette: il 58,5% in un colpo solo. Una “mazzata” che neppure un settore commerciale maturo potrebbe sopportare. Figurarsi uno cresciuto in pochi mesi a ritmi vertiginosi, ma con ossa deboli e pochi santi in paradiso, ragionano adesso i piccoli commercianti su Facebook.
La decisione del Governo era nell’aria, ma forse non così pesante come quella che entra nella bozza fiscale che, nei fatti – è la motivazione – servirà a spostare più avanti di 3 mesi l’aumento dell’Iva dal 21% al 22%, ma che rischia di deprimere in una sola estate uno dei pochi settori in crescita in Italia, sia dal punto di vista occupazionale che come produzione di gettito. È quello che hanno sostenuto subito le aziende dopo che ha iniziato a circolare la previsione di una tassa per “i prodotti contenenti nicotina o altre sostanze idonei – così si legge nel decreto anticipato dal Sole 24 Ore – a sostituire il consumo dei tabacchi lavorati, nonché i dispositivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio”. In pratica, tutto quello che sta in bella mostra nei circa 2.000 store che hanno aperto i battenti in questi mesi: atomizzatori, batterie, drip tip e ovviamente i flaconi con nicotina finiscono sotto la scure fiscale. Si salverebbero solo gli aromi, a questo punto, perché additivi alimentari. Ma è un’ipotesi, perché al decreto seguirà una circolare, come in tutti i casi in cui si deve dare un’interpretazione precisa della legge.
Ecco perché si è sollevata la protesta. Ha iniziato l’Anafe, l’Associazione Nazionale Fumo Elettronico, il cui presidente Massimiliano Mancini ha parlato di “assurdità” che rischia di portare alla “chiusura di almeno il 60-70% dei punti vendita entro 90 giorni, con una perdita di non meno di 3.000 posti di lavoro”. Un vero massacro per il settore. Incalzato dai piccoli commercianti, l’Anafe, criticata da alcuni sulla sua pagina Facebook per i risultati deludenti ottenuti dalla rappresentanza del settore con la raffica di tasse, ha lanciato la proposta di una manifestazione di piazza che si terrà con ogni probabilità a luglio davanti Montecitorio.
“Nonostante le dichiarazioni – ha scritto in una nota l’Anafe – non è stata fatta nemmeno una consultazione, che sarebbe stata utile principalmente al Governo per comprendere un settore del cui funzionamento dimostra di non avere idea”. Sferzante in proposito anche la risposta di Ovale,che commentando l’anticipazione delle misure del Consiglio dei Ministri, fa balenare una prospettiva surreale: “L’idea di tassare non soltanto i liquidi contenenti nicotina, ma perfino le parti di ricambio ci sembra fuori dalla realtà. Cosa farà ora il Governo, inizierà a tassare anche le batterie dei computer e dei cellulari?”.
E tutto questo mentre un nuovo studio, in attesa di pubblicazione, ribadisce gli effetti positivi sulla disassuefazione dal fumo delle sigarette 2.0. Secondo la ricerca Eclat, dopo 12 mesi l’8,7% dei fumatori elettronici dice addio alle sigarette di tabacco, 1 su 10 riduce il consumo di sigarette tradizionale del 50% e ben tre quarti smettono di usare anche la e-cig. È quanto emerge dall’analisi del comportamento di 300 fumatori che non avevano dichiarato la volontà di abbandonare il fumo condotta dall’équipe di Riccardo Polosa, direttore del Centro di Prevenzione e Cura del Tabagismo dell’Università di Catania e responsabile scientifico della Lega Italiana AntiFumo. “Considerando che i partecipanti a ECLAT erano fumatori non intenzionati a smettere, e che il modello di sigaretta elettronica studiato era di vecchia generazione, i risultati ottenuti sono eccezionali”, afferma Polosa.
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