Convegno sulla sigaretta elettronica, nessuno fa la domanda che conta
E come voler rompere una montagna a testate. Oppure scalarla a mani nude. La sensazione è che siamo ancora lontani anni luce dalla consapevolezza che la sigaretta elettronica sia destinata a cambiare una delle abitudini più pericolose per l’uomo: il fumo. Sembra, infatti, partire con il piede sbagliato il tavolo tecnico a cui partecipano l’Istituto superiore di sanità e l’Agenzia del farmaco italiana con l’obiettivo di mettere le basi per una regolamentazione più volte richieste dagli operatori. Il mondo e-cig è avvolto ancora da nebbia. Lo confermano i giudizi espressi durante il convegno “Sigaretta elettronica: benefici e rischi per la salute e criteri di controllo” che si è tenuto a Roma organizzato proprio con la collaborazione di Iss e Ministero della Salute
“Continuano ad esserci dubbi sull’efficacia a lungo termine per smettere di fumare e sulla sua efficacia rispetto ad altri analoghi sistemi utilizzati allo stesso fine, come cerotti e spray“, ha detto Walter Ricciardi, membro del Consiglio Superiore di Sanità, che ha prodotto, su incarico del ministero della Salute, un dossier sull’e-cig. Troppo pochi gli studi su pericolosità e rischi, secondo Ricciardi. D’accordo. Ma si è detto anche che da Internet arriverebbe una nuova minaccia: la vendita di liquidi per ricarica contenenti marijuana. Una non-notizia utile a scrivere titoli di giornale più che a portare argomenti al ragionamento. Se questo è il pregiudizio, il tavolo sarà un’occasione persa. È stato anche detto che il fine della sigaretta elettronica “dovrebbe essere smettere di fumare“, quando ormai da tempo si ci concentra sul tema importantissimo della riduzione del danno, che forse andrebbe meglio riconsiderato. Anche dalla comunità scientifica.
Altra sede, altri problemi. Prendiamo l’appello condivisibile lanciato durante il Congresso Nazionale sulle Malattie Respiratorie appena conclusosi a Verona. “Se fossi un consumatore di sigarette elettroniche, mi preoccuperebbe maggiormente la mancanza di sicurezza e trasparenza sui contenuti del prodotto. È una incertezza che nasce da un mercato “selvaggio”, non regolato – ha detto Stefano Nardini della Facoltà di Economia dell’Università di Verona –. Ad oggi risulta impossibile definire le sigarette elettroniche per il loro contenuto: il fabbricante non è tenuto a dire come la stessa sia costituita. Non c’è standardizzazione, né regolamentazione, né, di conseguenza, controllo. E pertanto non può esistere una certezza sull’assenza di tossicità, o sulla efficacia per smettere di fumare. Anche se è verosimile che la sigaretta elettronica faccia meno male rispetto alle sigarette normali, ancora non esistono prove certe, men che meno sulla dannosità nel lungo periodo”. Si parlava di Bpco e asma ed è ovvio che gli esperti di pneumologia abbiano detto che per queste patologie ogni sostanza inalata è come benzina sul fuoco. Vale anche per l’inquinamento cittadino, ma l’industria automobilistica non viene tassata con il 58,5% di imposta di consumo. Poi si è parlato di farmaci per la disassuefazione, ossia la terapia sostitutiva della nicotina (cerotti, gomme da masticare, inalatori), la varenichina o il bupropione. E nessuno sembra ribaltare il ragionamento e fare la domanda che conta. Ma se quelli che fumano catrame ogni giorno passassero alla sigaretta elettronica – ok, a quella regolamentata – cosa accadrebbe?
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