Sigarette elettroniche: stime e numeri da capogiro. Entrano in gioco anche i grandi.
Oramai è ufficiale, di giorno in giorno si intensifica lo scontro tra sigarette elettroniche e tradizionali. E le multinazionali del tabacco iniziano a scoprire le proprie carte, per proteggere il proprio nome, ma soprattutto le proprie casse.
Lucky Strike, Gauloseis e Lorillard sono solo alcuni nomi dei “Big” che hanno deciso di affrontare questa sfida (fiutandone anche il business), comunicando ufficialmente l’intenzione di voler entrare nel mercato delle e-cig acquisendo alcune aziende produttrici. Marlboro e Camel si sono già attivate, a breve potremo trovare in commercio i loro modelli di sigarette elettroniche.
La prima mossa è stata fatta dalla multinazionale americana Lorillard, che ha acquistato per circa 135 milioni di dollari la Blue ecigs, una tra le più grandi aziende produttrici di sigarette elettroniche. Anche Lucky Strike, noto brand della BAT (British American Tobacco), non ha perso tempo: ha infatti rilevato lo scorso dicembre l’azienda inglese Cn Creative. Decisamente più avanti con il business è invece la Reynolds Tobacco Company, azienda produttrice di Camel e Winston, che ha già annunciato il proprio modello di sigaretta elettronica: la Vuse, la cui produzione avverrà in Virginia, conservando comunque la paternità cinese del brevetto.
C’è chi si spinge ancora oltre, mettendo nel mirino proprio l’Italia ed un noto brand nazionale. Philip Morris infatti, di proprietà del gruppo Altria, ha infatti messo gli occhi sulla Ovale di Desenzano del Garda, una delle aziende più radicate nel settore delle sigarette elettroniche. L’azienda bresciana, fondata nel 2011 da Riccardo Ascione e Bruno De Rosa, ha iniziato con un piccolo laboratorio in Cina ed ora distribuisce i propri prodotti negli oltre 300 negozi monomarca sparsi in Italia e all’estero.
Se da un lato questo interesse può non piacere, dall’altro lato può essere considerato un segnale positivo: le sigarette elettroniche non sono una semplice moda passeggera, ma si affermano sempre più come un valido sostituto delle sigarette tradizionali.
Un business che pare non conoscere crisi: questi i volumi e le previsioni.
I numeri valgono più di mille parole, basti pensare che nel 2011 le sigarette elettroniche vendute nel mondo erano 400 milioni, nel 2012 sono salite a 600 milioni e, secondo quanto stimato dal quotidiano Business Insider, nel 2013 saliranno ad oltre il miliardo e mezzo.
Le sigarette tradizionali sono dunque passate di moda? Forse. Questo non significa che i consumatori hanno rinunciato al fumo, ma hanno semplicemente deciso di fare una scelta più consapevole, optando per una soluzione che potrebbe contribuire a farli smettere di fumare e, non da meno, sostenere dei costi nettamente inferiori.
Anche in America si è riscontrata una netta riduzione dei consumi della sigaretta tradizionale. La causa – secondo David Adelman, analista di Morgan Stanley – sarebbe da attribuire ad una serie di fattori: una maggiore attenzione alla salute, la diminuzione di giovani e giovanissimi fumatori, la riduzioni degli spazi accessibili al fumo e la continua varietà di popolazione (asiatici ed ispanici pare fumino meno rispetto ai bianchi).
La banca Wells Fargo, nota compagnia di servizi finanziari che opera in tutto il mondo, si sbilancia ulteriormente: ha affermato che entro 10 anni l’uso delle sigarette elettroniche supererà quello delle tradizionali.
Le multinazionali del tabacco paiono essere dello stesso avviso. Entrando anch’esse in forza all’era del fumo digitale, hanno trovato un sicuro modo per limitare le perdite ed assicurarsi un futuro.
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