Sigarette elettroniche, spunta la “tassa sul piacere”
Al peggio non c’è mai fine. E il peggio questa volta si chiama Delega Fiscale, il cui condensato per le accise sui tabacchi, il decreto attuativo, sembra proiettare nuove ombre lunghe sul settore. Fallito il blitz di inizio anno per cambiare in corsa le regole di registrazione delle aziende produttrici – l’ultima di tante manovre di Palazzo – e prendere in contropiede il Tar, adesso la sigaretta elettronica deve guardarsi da una nuova grottesca ipotesi: la “tassa sul piacere”.
I vizi, si sa, sono una specie di pozzo di San Patrizio: ci si ricavano sempre soldi, anche scavando sul fondo. La regola riguarda da sempre i giochi, le sigarette e i conti dello Stato: fare cassa da una parte e cercare di prevenire le dipendenze è un paradosso difficile da comprendere, impossibile da accettare.
Fatto è che il decreto dovrebbe contenere una nuova “amenità” per il settore dell’e-cig. Circola, infatti, la strana idea per rimpiazzare l’aliquota secca su tutti i prodotti del mondo e-cig con una nuova equiparazione della tassazione per le sigarette elettroniche con le accise per i tabacchi. L’idea si fonda su una nuova mirabolante analogia: tassare i liquidi con nicotina in base al livello della sostanza che viene dispensata durante il vaping. Se la tua boccata di elettronica ti dà 10 paghi per 10, se ti dà 2,5 paghi per quanto hai aspirato. Per ipotesi, se viene applicato un carico fiscale da 2,6 euro su un pacchetto, questo viene automaticamente applicato a un liquido da 10 ml equivalente.
Equivalente per chi e sulla base di cosa? In pratica, i tecnici del ministero dell’Economia avrebbero trovato in poche settimane il “santo Graal” del fumo elettronico: l’equiparazione – nei fatti impossibile – tra gocce di e-liquid e sigarette tradizionali. Una valutazione che non è riuscita finora a nessuno dei maggiori centri di ricerca al mondo, perché sono troppe le variabili che entrano in campo quando si fuma da un Ends e molte sono indipendenti dal liquido adoperato: potenza della batteria, materiali di resistenza, wick, tank e chi più ne ha più ne metta. Dovranno essere le aziende produttrici di liquidi ad autocertificare se il loro flaconcino vale una light o una strong. Insomma, ancora una volta i tecnici di via XX Settembre dimostrano di non capirci niente di sigaretta elettronica. O di essere consigliati male.
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